Robe da Materazzi

chielliniL'Inter non batterà mai una squadra più forte. Mai, nemmeno con Mourinho che, succintamente, lo ha spiegato ieri sera, al termine dell'incontro. Moratti me ne prenda di più forti, più forti dei più forti. O nisba. Il famoso DNA nerazzurro. L'Inter oggi può battere la Roma, la Juventus, il Milan. Oppure - perchè no, è pur sempre l'Inter - perderci, come è successo anche nel dopo Calciopoli. La sua rosa è però superiore al resto d'Italia.
Ma inferiore, per dirne una, a quella del Manchester. E coi più forti l'Inter perde. Come prima di Calciopoli perdeva contro il Milan e la Juve (tranne quando arbitrava De Santis). Sussulti di orgoglio, coraggio della follia, partite a cuore aperto: questo racconta la retorica interista del ventennio Moratti. Pur con tutto questo, quando ha affrontato un undici più forte del suo, l'Inter ha regolarmente ceduto il passo.
Discorso differente per la Juventus che molto spesso ha avuto un organico superiore ai suoi rivali o quantomeno alla pari. Ma che, è altrettanto vero, anche quando inferiore sulla carta, ha saputo, nei momenti importanti, ribaltare i pronostici. Una su tutti: si è fatta i Galacticos.
Intendiamoci: i valori assoluti, individuali e di squadra, raramente vengono ribaltati. Certo, saperli riconoscere diventa sempre più difficile, in questo mondo di buoni, che una volta era di ladri. Noi.
E parliamoci chiaro: il Manchester United è più forte dell'Inter. Il Chelsea è più forte della Juventus.
La carta, questa volta, non ha mentito. Dice le stesse cose che poi sono avvenute sul campo.
Ora: il dibattito in casa Inter, mannaggia, è tra vedove e sostenitori del nuovo corso. Meglio Mancini o Mourinho? La chiave sta nel chiedersi se l'anno scorso l'Inter fosse più forte del Liverpool. Do il mio contributo: non lo era. In casa Inter è tutto uguale, questa partita non cambia le cose di un millimetro.
Ma facciamoci i cazzi nostri. Primo precetto della deinteristizzazione.
E andiamo a capire perché la Juve avrebbe potuto battere il Chelsea e non lo ha fatto.
Posto che le ragioni per cui il Chelsea è più forte della Juventus le abbiamo comprese tutti.
Premessa deinteristizzata: il colpevole non è mai uno.
Le bastonate dal Liverpool, per fare un esempio nerassurro, non le presero per colpa di Materazzi e Burdisso, come ci si raccontava tra bauscia (quando non si dava la colpa all'arbitro). Più probabilmente per colpa di Maicon. E' anche vero però che i due diedero una bella mano.
Per questo, fa un po' specie vedere il nostro Chiellini esibire lo stesso livello di ingenuità dei due piagnoni di lungo corso. Certe partite - questo lo stile Juve - si vincono prima con il cervello e poi con il cuore. Anzi: per gli oltranzisti del testicolo come me, il cuore proprio non c'entra. Meglio non averlo, come si diceva di Giraudo.
Prima il cervello, poi gli attributi.
Ora: al ragazzone ci siamo affezionati tutti. Ha avuto il grande merito, in un periodo triste in cui la Juve espiava, chiedeva scusa, porgeva guance e chiappe, di ribellarsi, fare casino, mostrare all'Italia intera l'orgoglio di essere juventini. I vecchi punti di riferimento: Buffon sorrideva, Del Piero pontificava, Nedved abbozzava. Ranieri cantava.
Il Chiello invece si incazzava. Difendeva il fortino, in campo e fuori.
Atteggiamenti, va detto, anche sopra le righe. Per sopperire al vuoto dirigenziale, alimentato da una società debole, acquiescente con i nemici e incapace dal punto di vista gestionale. Società la cui unica alzata di capa fu quella di sputtanare proprio lui, che era ancora un terzinaccio, ai quattro venti, quando a inizio stagione 2007/2008, si presentò, puntuale come un calciatore italiano, a chiedere l'aumento di stipendio. Ti mandiamo al Sunderland, nasone.
Certo, a vederlo dare di matto, a volte, mi domandavo che genere di pettinata avrebbe preso dai diabolici fautori della precedente gestione. Mi accontentavo, però. Dicevo: uno così ci vuole. Meglio averlo in tribuna e davanti ai microfoni, ma anche in mezzo alla difesa va bene.
In un paio d'anni si è scoperto che il toscano non era semplicemente il massimo praticante del revanchismo bianconero, ma anche un gran bel pezzo di difensore. Forse il miglior difensore centrale italiano. Meglio di Materazzi.
Dopo due anni di onoratissimo servizio e qualche sceneggiata, cosa mi combina Giorgione?
All'andata mi buca un fuorigioco, palla a Drogba che insacca.
Al ritorno mi si fa espellere. E non ditemi che la seconda ammonizione non ci stava. Non ci stava, ma il rischio era altissimo. E sull' 1-1, anche contro un avversario più forte, te la potevi ancora giocare. Non me lo fare, Chiello. Sono robe da Materazzi. Che, voilà l'onestà, aveva rimediato anch'egli un'ammonizione troppo severa in quel del Merseyside. Hai voglia a piangere.

Chiellini è stato il simbolo, questa volta in negativo, di una squadra che ha cercato di gettare il cuore oltre a un ostacolo che, per inciso, i suoi problemini ce li aveva. Una squadra tutto cuore e niente cervello.
Ora, per tornare ai discorsi che spesso facciamo, se questa squadra non ha un cervello, principalmente lo si deve al fatto che il cervello non è stato comprato. Mica al mercato degli organi ma a quello dei calciatori. Manca il metodista, il metronomo, il playmaker, l'ideatore, come lo volete chiamare, insomma.
I neuroni scarseggiano anche perché l'allenatore - colui che, in primis, sarebbe deputato a pensare - non trasferisce alla squadra gerarchie, valori, tattica. Ranieri, lo dirò per l'ennesima volta, lavora unicamente, e senza grande costrutto, sulla propria squadra. Un lusso che neanche l'allenatore della miglior squadra del mondo si può permettere, come dimostra Ferguson che se ne inventa una a partita.
Una squadra più scarsa non può andare a fare "la sua partita". Deve preparare mosse, contromosse, trabocchetti, accorgimenti tattici per mettere in difficoltà il più forte avversario. La retorica del "non cambiamo il nostro gioco" è prerogativa dei fondamentalisti e degli allenatori da una stagione o da piccola squadra. Ranieri lavora poco e male in funzione dell'avversario. Conseguenza: i giocatori improvvisano.
Ranieri non infonde valori. Con questo, non intendendosi il fair play, di cui è predicatore gospel, ma una connotazione precisa di gioco, la conoscenza delle proprie caratteristiche e dei propri plusvalori. E' una squadra che gioca a ritmi alti la Juve? Talvolta. E' una squadra che sfrutta le fasce la Juve? Di tanto in tanto. E' una squadra compatta, solida, che difende bene e attacca sulle individualità? Succede. E' una squadra che fa possesso palla facendo sfinire gli avversari? Di rado.
Il punto è che, all'occasione buona, la Juve non rientra in nessuna delle sunnominate opzioni. Perché non sa come si chiama. Gioca col cuore, in mancanza di un'idea. Per questo, non abbiamo battuto il Chelsea.
A un certo punto, tutto quello che serviva era conoscersi e ragionare. Due cose che questa squadra non sa fare.
Le gerarchie, infine. E torniamo a Giorgione. Che anche noi amiamo tutti. Un ragazzone di neanche 25 anni, focoso e esagerato. Sembra lui il leader della nostra Juventus. Ha avuto il coraggio di dare in pasto ad un pubblico affamato, in cui ci riconosciamo, quella grinta, quella passione di cui aveva bisogno. Ci sono quelli che "Juve, ti amo lo stesso". Lui ci è subito sembrato uno che "Juve ti amo e basta". Anche se poi, carta canta, anche lui non si è mostrato insensibile verso sirene inglesi e aumenti di contratto.
Siamo la Juve, però. Con Boniperti o con Moggi, il comportamento dei leader ha dovuto sottostare a un preciso codice di serietà e stile. Sfottere i tifosi del Napoli o scagliarsi come uno zio Bergomi qualsiasi contro l'arbitro, non è contemplato. Anche se piace molto ai tifosi (dell'Inter). Ma sopratutto non è contemplato essere il primo che perde la concentrazione e lascia che l'ormone prevalga, in una partita di Champions League. La leadership è nella scatola cranica, non più in basso.
Chiellini ci faccia il favore. Non c'è nessuno che glielo dice: la società non esiste, l'allenatore nemmeno, e i tifosi hanno tanta fame.
Ma il nostro leader non può essere un Materazzi, uno che per il semplice fatto di amare la maglia ed esibirlo ad ogni occasione possibile, guadagna i gradi di intoccabile.
Anche perché sappiamo quanta ruffianeria ci sia dietro. Come racconta la storia di uno che voleva andare al Milan e chiese un aumento di ingaggio il 6 maggio.
Il nostro leader deve essere uno serio, serissimo.
Il nostro leader non si fa espellere come un fagiano agli ottavi di Champions League.
Il nostro leader non è Materazzi.
E siccome Chiellini è una persona intelligente, lo può diventare, se solo qualcuno glielo suggerisse. Qualcuno che comanda davvero.
Per ora è il leader giusto di una Juve come questa.
Tanta voglia di rivincita (i tifosi), e non un'idea di come portarla a termine (la società).
Deinteristizziamoci tutti.