Stagione strepitosa? No, stagione vergognosa

vomitoCi si può vergognare della propria squadra del cuore?

A memoria, nei primi 35 anni di vita e di tifo, non mi era mai capitato.

E se qualche volta una sensazione sgradevole poteva accompagnare certe prestazioni, certi periodi, l’orgoglio di essere juventino veniva nutrito dalla consapevolezza di aver provato tutto e di aver messo in campo la miglior formazione possibile.

Anche in momenti in cui si era parenti poveri del calcio che conta, penso ai 9 anni passati a raccogliere le briciole di Milan, Inter (non era ancora quella morattiana, quindi un pochino più seria) e addirittura Napoli e Samp, l’essere juventino trovava una sua logica nella dimostrazione che il DNA guerriero di questa società non tradiva mai.

Una squadra, quella, che tentava di ricostruirsi dopo la fine di un ciclo, fine avvenuta in modo naturale.

Ma il carattere e la dignità erano rimasti, e anche se non si riusciva a superare le rivali più attrezzate, si partiva con la convinzione di giocarsela alla pari con tutti, a volte portando a casa trofei.

Di essere simpatici, non fregava niente a nessuno.

Dall’estate del 2006, siamo diventati simpatici a parole (i fatti raccontano una verità ben diversa; basta osservare quel che è successo negli ultimi giorni), ci rendiamo ridicoli sul piano dell’immagine (in troppi parlano e raccontano cose diverse gli uni dagli altri) e sul piano tecnico non centriamo un obiettivo che sia uno, se non la vergognosa Coppa Zaccone.

Un trofeo che simboleggia la vittoriosa campagna in serie B.

Un controsenso, ma la sintesi di questi tre anni sta proprio in questa frase: la vittoriosa campagna in serie B.

C’è tutto in questa frase.

La distruzione della società senza opporre la dovuta e legittima resistenza vista come un trionfo 12 mesi dopo.

Vincere la serie B e festeggiarla, la dimensione ideale per questa dirigenza, per questa società, che forse deve provare nostalgia per quell’anno indimenticabile (in tutti i sensi), visto che viene puntualmente rievocato ogni volta in cui si è mancato un obiettivo nelle due stagioni successive.

Suonarono profetiche le parole di Deschamps, due primavere orsono, quando lasciò la guida della squadra con un moto d’orgoglio juventino espresso con quel “prenderanno uno che si accontenta”. Parole che, lette due anni dopo, assumono il significato che in molti, purtroppo, sospettammo avessero sin dal momento in cui furono pronunciate dal grande Didì.

Perché anche questa stagione, parafrasando Mourinho (che ora dovrà aggiornare la sua personale “tabella dei perdenti”), si concluderà con “seru tituli”.

Ci crediamo, abbiamo il 30% di possibilità” (Cobolli Gigli; marzo 2009, a proposito dello scudetto); “Sogno di arrivare alla finale di Champions League a Roma, ci sono squadre più forti ma noi non abbiamo paura di nessuno” (un po’ tutti in coro, da settembre al 10 marzo 2009). Obiettivi sfumati con la consueta serie di coccodrilli postumi che hanno il sapore di scuse infantili, non da uomini veri, con il richiamo “ricordate che due anni fa eravamo in serie B”, per giustificare figure di merda in serie.

Come se la Juve in B ci fosse finita sul campo.

Rimaneva la Coppa Italia, obiettivo dichiarato anche e soprattutto per questioni di marketing, leggasi Supercoppa da giocarsi a Pechino il prossimo agosto.

La partita di stasera è il simbolo di questi due anni di gestione.

Un disastro assoluto.

Disastro per la dirigenza, che vede i suoi investimenti più importanti fuori causa (Andrade, rescisso pochi giorni fa), oppure regolarmente in panchina (Poulsen), quando non in infermeria (Amauri, Sissoko).

E mentre altri non trovano posto nemmeno altrove (Almiròn), il solo “campione” presente sul terreno questa sera era Tiago, e ci siamo chiesti il perché.

Perché, uno che ha giocato in due stagioni una manciata di partite da sufficienza (stiracchiata) nel periodo invernale di questa stagione, deve giocare la gara che poteva salvare una stagione, e, passi per il Del Piero di questi tempi, ma perchè i signori Nedved e Camoranesi quella partita devono guardarla dalla panchina?

Perché, Ranieri?

Perché?

Perché ostracizzi Giovinco per tutta la stagione umiliandolo pubblicamente, poi lo inserisci nella gara in cui serve esperienza, grinta, mestiere e carattere?

Perché, dubitavi che un Nedved quasi 37enne avrebbe fatto fatica a scimmiottare il fantasma portoghese in mezzo al campo?

Perché, Ranieri?

Perché il disastroso Marchionni di sabato scorso ha trovato posto nell’undici iniziale, ripetendo la scandalosa prova di tre giorni fa e compromettendo il già instabile e riprovevole carattere fumantino di Mauro German Camoranesi, portandolo all’ennesima sciocchezza stagionale?

Per lui, una nota di biasimo particolare: Mauro, ti devi ficcare in testa una volta per tutte che non giochi nell’Inter.

In dieci giorni dovresti essertene accorto.

Prima a Genova entri in quel modo rude e ti cacciano; poco importa che, a differenza del nuovo Facchetti, in quell’occasione solo ammonito, tu non abbia lasciato tracce sul corpo dell’avversario. E stasera, hai voluto imitare l’esempio di quella povera vittima di quei razzisti (così hanno sentenziato i benpensanti) che sono i tuoi tifosi, ovvero Balotelli, sfanculando l’arbitro dopo la sacrosanta ammonizione da parte di uno come Rizzoli, che di solito non ammonisce nemmeno al cospetto di una tibia spezzata in campo, ma stavolta ti butta fuori in dieci secondi.

Svegliati Mauro, ti stai comportando da interista.

Solo che in questo gioco, il vero perdente sei tu.

Loro sono più bravi, da sempre.

Tu, che insieme ad altri sai cosa significhi essere la Juventus, non cadere in queste continue e inutili provocazioni.

Prenditela con chi di dovere, con l’allenatore più confuso e inutile della storia bianconera, quello che da quando l’ombra, vera o presunta, di Lippi, si è riaffacciata minacciosa su di lui, ha perso definitivamente le coordinate più elementari.

E stasera ha provato ad essere coerente fino in fondo, con la tristezza che trasmette da due anni a questa parte a tutti; giocatori, tifosi, lui stesso trasmette tristezza alla sua persona.

Ha schierato una formazione assurda, come nel suo stile, nell’appuntamento da “o la va o la spacca” della stagione.

Ed è andato giustamente sotto, nel gioco e nel punteggio, contro una squadra che schierava Kolarov, Brocchi, Siviglia, Matuzalem, Lichsteiner e meraviglie varie, ma che ha un’idea di come si gioca a pallone.

Cosa che Ranieri non ha saputo inculcare in due anni di Juve avendo a disposizione, con tutto il rispetto per i laziali, interpreti indiscutibilmente superiori.

Infatti, è bastato rimettere alcuni tasselli a posto all’inizio della ripresa, e, a parte lo sfortunato episodio del gol di Kolarov, la Juventus in 20 minuti crea 4 occasioni da gol e ne concretizza una, contro il nulla totale del primo tempo, regalato come spesso è accaduto in questi due anni.

E quella formazione iniziale sciagurata, viene giustificata nel post partita, con una dichiarazione che profuma di resa incondizionata di un uomo che mentalmente non è più l’allenatore della Juve. Ammesso che lo sia mai stato.

Eccola, la dichiarazione:” Ho messo altri giocatori dall’inizio perché chi è subentrato non aveva il ritmo dei 90 minuti”.

Io non avrei più nulla da dire: devi recuperare un risultato in casa tua, ti basta segnare un gol e cosa fai, concedi un tempo e provi a giocarti il tutto nella ripresa?

E’ già successo altre volte, troppe, speriamo solo che le prossime 6 partite siano le ultime di questo signore sulla panchina della Juve.

La dirigenza, contestata duramente dai tifosi, ed è la prima volta che accade così duramente, sommersa da fischi e insulti (addirittura la curva Filadelfia si è svuotata prima della fine della partita in segno di protesta), è gravemente responsabile, e a questo punto cadono tutti i crediti che i più indulgenti avevano concesso a questi signori.

Urge rivoluzione, urgono persone competenti, lo esige la storia della Juve, che merita rispetto.

Vediamo se qualcuno pagherà, se il secondo/terzo posto (speriamo, eh!) in campionato dovesse portare ad una conferma di Ranieri e del suo staff vorrà dire che l’allenatore testaccino ha soddisfatto pienamente i promotori del progetto ridimensionamento.

In quel caso sarebbe sotto gli occhi di tutti, anche di chi finge di non capire, la malafede delle alte sfere juventine.

E sarebbero da cacciare pure loro, a calci.

Come avvenne in quel 1991, che pure qualche motivo di soddisfazione, qualche partita godibile, la Juve di Maifredi ce la regalò.

Perché nella Juve che ho conosciuto io, un allenatore che fallisce due stagioni consecutive, che non porta a casa nulla, viene ringraziato e lascia il posto a qualcun altro.

Questo, almeno, in quella che è stata la Juve fino a tre anni fa, quella che mai mi ha fatto vergognare di esserne tifoso.

Di questa, sinceramente, comincio a vergognarmi.