Moggi, Bettega e il rompicapo Juve

bettegaUn 2010 impegnativo attende Roberto Bettega.
Sgombriamo l’orizzonte da qualunque dubbio: la sua chiamata al capezzale della Juventus da parte di Blanc da un lato è da considerare una piccola vittoria di chi, come noi, da tre anni predica l'assoluta inadeguatezza dei dirigenti insediati nel 2006, dall’altro serve al “trino”, attualmente in stato confusionale, per cercare di raddrizzare la nave della gestione sportiva e contemporaneamente tentare di arginare gli attacchi di una parte crescente della tifoseria e degli azionisti, di cui il nostro giornale è sempre più il riferimento ideologico, avendo preannunciato in tempi non sospetti il naufragio attualmente in “onda”.

In merito al rientro di Bettega crediamo sia giusto fare una doverosa premessa. Bettega non è Moggi dal punto di vista della competenza calcistica, né Giraudo da quello della competenza gestionale. Lui era nella Triade il giusto collante di juventinità, il ministro degli Esteri, l’ideale custode dello stile Juventus, quello fatto di silenzi e vittorie, di cultura del lavoro e tradizione.
Era il giusto contrappeso alla spietata concretezza dei suoi due compagni di avventura e idealmente costituiva la naturale continuazione di Giampiero Boniperti. L’uomo Juve, nella Juve, per la Juve. Nominato Vice Presidente da Umberto Agnelli nel 1994, Bettega per 12 anni si è occupato in via prioritaria di sviluppare le public relations internazionali e, sinergicamente, aveva affiancato Moggi e Giraudo in tutta la gestione ordinaria della società, costituendo con loro probabilmente il gruppo dirigente migliore e meglio assortito della storia del calcio moderno. Adesso però dovrà fare da solo, e quando diciamo “da solo” intendiamo nel senso letterale del termine, vista l’inconsistenza, per non dire la perniciosità, del contributo dei vari Blanc, Secco, Castagnini e dello stesso Ferrara. Non sappiamo se Bobby Gol saprà surrogare la figura di Moggi e metterla a supporto della squadra e della società; confidiamo però nel fatto che è un uomo di calcio, che ha sempre avuto un’unica ragione di vita, sia da calciatore che da dirigente: la vittoria .

Tuttavia, da informazioni assunte in ambienti vicini alla Exor, sembrerebbe che John Elkann sia apparso oltremodo imbufalito per quanto dichiarato da Bettega nel corso della conferenza stampa di presentazione, con particolare riguardo al fatto di non rinnegare il passato, per la frase sugli scudetti vinti sul campo, per essere stato definito "azionista di riferimento" e non “Ing. Elkann”, per i continui riferimenti alla famiglia Agnelli “di una volta” e, dulcis in fundo, per il nostalgico ricordo dell’Avv. Chiusano.

In virtù di ciò abbiamo abbiamo osservato con attenzione le prime mosse di Bettega, per cercare di capire se le deleghe promesse da Blanc (gestione sportiva, settore medico, scouting) sono effettivamente state concesse o debbano considerarsi semplice propaganda di regime. Di sicuro la carica di Vice Direttore Generale sembra quasi un affronto per colui che è stato per 12 anni il Vice Presidente Esecutivo. Bettega non ha perso tempo: si è fatto preparare in tempo record i documenti ed è partito insieme alla squadra per la trasferta in Arabia Saudita, dopo che Secco e Blanc l’avevano abbandonata al proprio destino per rilassarsi durante le vacanze natalizie.

In merito alla situazione attuale della squadra, i nostri rapporti consolidati con le solite gole profonde di Corso Matteotti ci riportano spifferi preoccupanti. Sembrerebbe che lo spogliatoio sia ormai spaccato in vari gruppi, che regni sovrano il nervosismo, che più volte ci sarebbero state risse tra giocatori e peggio ancora tra giocatori e allenatore, che alcuni dei giocatori simbolo, tra cui qualche insospettabile, abbiano cominciato ad allenarsi poco e male. Lo stesso allenatore pare abbia grossissime difficoltà a dialogare con i calciatori che apparirebbero completamente demotivati. Analoghe preoccupazioni desterebbero anche altri settori, a partire dalle giovanili e dallo scouting.

In questo scenario il compito di Bettega appare titanico: ricostruire tutto quello che è stato sfasciato in poco più di tre anni di gestione ridente e baguettesca. Ricostruire, se possibile, l'unità dello spogliatoio. Ripristinare la fiducia della squadra nel tecnico, che deve essere adeguatamente supportato, spalleggiato e consigliato. Ripristinare uno spirito di gruppo tra squadra, staff tecnico e dirigenza (Bettega e forse Secco… gli altri stiano alla larga!). Questo spirito di gruppo è stato uno dei grandi meriti della Triade. Ripristinare quella cultura del lavoro, che rappresentava un altro dei tratti distintivi della Juve umbertiana e che ora si è completamente persa. D'altronde, il pesce puzza dalla testa e non è difficile immaginare che alcuni dei discutibili atteggiamenti in voga tra i tesserati siano direttamente riconducibili ai cattivi esempi dati più in alto nella scala gerarchica.

A Bobby Gol va ovviamente il nostro in bocca al lupo, anzi “in bocca alla zebra”.
Non possiamo però esimerci dal commentare il fatto che la sua decisione di accettare le proposte di Blanc ha acceso un aspro dibattito di tipo morale. Su tale argomento ha provveduto a gettare benzina sul fuoco lo stesso Luciano Moggi, il quale ha criticato duramente Bettega dalle pagine del quotidiano Libero. Ecco una sintesi delle accuse del Direttore:

“Voglio bene a Bettega, con il quale ho diviso anni di lavoro, comprendo anche che nel ruolo di dirigente di ritorno si senta in dovere di pesare le parole nei confronti di chi lo ha richiamato… ma la coerenza è un’altra cosa, e un’altra cosa sono i valori nei quali si è creduto e le offese, queste sì, troppo recenti per essere dimenticate. Nel processo per falso in bilancio Bettega, come me e Giraudo, fu bollato dalla Juve con una querela contro ignoti per infedeltà patrimoniale, non proprio cosa da niente…Il tribunale decise per l’assoluzione perché il “fatto non sussiste” rigettando tra l’altro il patteggiamento della società. Vero è che la Juve sbagliò ancora una volta strategia, ma resta quell’etichetta “infedele”, che Bettega troppo in fretta ha dimenticato… D’altra parte già nelle sue prime parole, dopo l’investitura, Roberto parlò di “Blanc e colleghi con i quali aveva condiviso esperienze importanti” (anche la sua defenestrazione nel 2007?), “persone che in questi anni sono cresciute” (non sembra, a giudicare da come va la Juve), esprimendo infine “la fiducia nel lavoro fatto dalla società”. C’è di più. Quando nella conferenza stampa ha parlato di Calciopoli, Bettega ha detto di non voler rinnegare nulla, ma aggiungendo “io credo che quei ragazzi gli scudetti li abbiano vinti sul campo”. Un sottigliezza, perché sembra voler esprimere un concetto tutto diverso, che cioè lui non ne è affatto sicuro. Lui dov’era in quel tempo? Non condivideva tutto con il sottoscritto e Giraudo? Oppure stava con noi solo per condividere le vittorie? Più correttamente avrebbe dovuto dire “quegli scudetti sono stati vinti sul campo”, senza quel “Io credo che”. D’altra parte a chi gli ha ricordato “la svolta etica all’interno della Juve” di cui parlò John Elkann prima ancora dei processi sportivi, Bettega ha detto di “condividere quelle parole”…Gli auguro un proficuo lavoro, ma è evidente che su una poltrona, anche di ritorno, si cambi opinione troppo facilmente… non è piaciuta la “sfrontatezza di accettare l’incarico offertogli da chi ha distrutto la nostra storia, la nostra credibilità e il nostro futuro, alla faccia della coerenza. In questo mondo non ci sono più valori, conta solo il danaro”. Non dimenticherò mai il giorno in cui incontrai Bettega, allora consulente della Juve, in un albergo di Milano: fuggì, quasi non rivolgendomi la parola, per paura che ciò venisse a conoscenza dei suoi attuali datori di lavoro, lui che “nel nostro passato juventino” ha fatto e condiviso il lavoro con il sottoscritto e con Giraudo, nulla escluso! Successivamente l’ho ritrovato in tribunale a difendersi dalla querela fatta dalla Juve: lì era più loquace! E infine, caro Roberto, la telefonata ad Allegra e Andrea Agnelli per chiedere lumi su quello che dovevi fare (… si fa per dire), sapendo benissimo cosa ti avrebbero risposto, è una mossa ingenua: al momento della firma hai tradito la memoria sia del dottor Umberto Agnelli sia dell’Avvocato, perché, con loro in vita, niente sarebbe successo…”

Un atto di accusa sferzante, che esprime tutta l’amarezza di Moggi, ma che probabilmente è un'entrata a piedi uniti fuori tempo dal punto di vista della maggioranza dei tifosi, i quali, disorientati e sfiduciati dall’andamento della squadra, si erano prontamente aggrappati alla figura dell’ex vicepresidente, nella speranza che potesse servire a mutare drasticamente la rotta.

E’ importante descrivere ancora una volta lo scenario nel quale è maturato il rientro di Bettega. In questo la nostra redazione può ancora una volta fornire preziosi dettagli. Quanto scritto da Moggi in merito alla richiesta di assenso ad Allegra ed Andrea Agnelli è infatti impreciso. In particolare il colloquio con Allegra Agnelli pare sia avvenuto di persona, nel corso della tradizionale cena degli auguri prenatalizi: e in quella circostanza la vedova di Umberto avrebbe fatto capire velatamente a Bettega di aspettarsi un suo rifiuto alla proposta di Blanc. Il giorno successivo Bettega, pressato dal mangiatore di baguettes di Chambéry, avrebbe poi telefonato ad Andrea Agnelli, il quale, molto diplomaticamente, gli avrebbe risposto di scegliere in piena autonomia, facendo quello che ritenesse più giusto. Solo a questo punto Bettega avrebbe accettato.

Da questo scenario emerge inoltre una realtà che contrasta con quanto riportato da molti giornali, e cioè che il rientro di Bettega sia il primo passo verso il rientro dello stesso Andrea Agnelli, in pratica una “testa di ponte” in grado di preparare il terreno alla fase due della “restaurazione” umbertina.

Ju29ro.com ritiene, sulla base delle proprie informazioni, di poter escludere completamente questa circostanza. Il rientro di Bettega deve infatti ritenersi completamente indipendente da qualsiasi vicenda che riguardi Andrea Agnelli. Almeno per il momento. Bettega quindi rientra alla Juventus soprattutto in virtù della sua passione per la maglia e della sua juventinità, che in diverse occasioni gli ha consigliato di rifiutare altri incarichi presso altri club in Italia e all’estero.

Non possiamo escludere però che, parallelamente, possa essere in corso una trattativa più complessa che riguardi il riposizionamento strategico dei vari rami degli eredi Agnelli all’interno del sistema di controllo del Gruppo. Ne abbiamo già parlato in un nostro articolo di qualche settimana fa, spiegando nel dettaglio la genesi di questi cambiamenti. Ma tutto ciò non riguarda solo la Juventus bensì l’intero gruppo Fiat/Exor e le loro controllate.

Quello che possiamo dire con certezza è che al momento il famoso piano quinquennale di Blanc appare come una zattera in piena tempesta. Le possibilità che arrivi in porto sono pochissime.
E sono affidate al timone e alla vela bianconera di Roberto Bettega.