L'Europa League: un intralcio o un'opportunità?

europa leagueAlla vigilia della partita di Europa League continua la diatriba, in casa bianconera, tra chi considera questa competizione un inutile intralcio e chi invece ritiene che la Juventus abbia sempre il dovere di giocare al massimo. Chi ha ragione? Si è Juventus solo se si ha il diritto a partecipare alla Champions o si è Juventus solo se si punta a vincere sempre? Anche nella nostra redazione vi sono due partiti e vi proponiamo due voci contrapposte. Scegliete voi da che parte stare.

Forza Chimenti
Era il 18 maggio 1977, avevo dieci anni e stavo facendo un bagno caldo, quando mia mamma mi disse che aveva segnato Bettega nella bolgia del San Mamés.
Son passati 33 anni, ma ancora ricordo benissimo quel momento e la sofferenza che seguì fino al fischio finale, ricordo benissimo la prima Coppa Uefa, quella vera, quella con le squadre migliori d’Europa. La Juve la vinse e la domenica successiva andò a vincere lo scudetto dei 51 punti battendo a Marassi la Sampdoria.
Son passati vent'anni dalla seconda Coppa Uefa, da quel 16 maggio 1990 ad Avellino.
Di quella Coppa ricordo soprattuto l’amarezza di un allenatore, un pezzo della nostra storia, che, nonostante avesse rotto un digiuno di successi durato quattro anni conquistando la Coppa Italia contro il grande Milan di Sacchi a San Siro, non poteva festeggiare appieno la conquista del titolo europeo, essendo appena stato dimissionato dall’esuberante neopresidente col ciuffo che di calcio non sapeva nulla e che si era messo in testa di copiare Berlusconi.
L’ultima Coppa Uefa la vincemmo la sera del 19 maggio del 1993, ma di fatto l’avevamo vinta due settimane prima espugnando Dortmund in rimonta. La partita di ritorno non ebbe storia ed era chiusa dopo 5 minuti, ma quella vittoria ce la gustammo ancora di più una settimana dopo. Di quella sera ricordo Galia felice come un bambino che correva per il Delle Alpi sventolando una bandiera bianconera, mentre l’inviato Rai intervistava Giovanni Trapattoni.
In quegli anni solo la prima squadra classificata di ciascun campionato Europeo accedeva alla Coppa dei Campioni e le squadre classificate dal secondo posto in poi partecipavano alla Coppa Uefa, con l’eccezione delle squadre che si erano aggiudicate la Coppa Nazionale cui era riservata la Coppa delle Coppe.
All’edizione 1976-77 della Coppa Uefa parteciparono Ajax, Barcellona, Celtic, Feyenoord, Manchester United, Milan, Porto, Stella Rossa Belgrado.
All’edizione 1989-90 della Coppa Uefa parteciparono Ajax, Amburgo, Atletico Madrid, Dinamo Kiev, Porto, Stella Rossa Belgrado, Valencia, Werder Brema.
All’edizione 1992-93 della Coppa Uefa parteciparono Ajax, Benfica, Borussia Dortmund, Celtic, Dinamo Kiev, Manchester United, Valencia.
Oggi, alla Nuova Europa League partecipano solo le squadre quinte classificate delle migliori nazioni europee e le quarte classificate delle nazioni di seconda fascia, cui si aggiungono le retrocesse della fase a gironi di Champions League.
Son felice che le abbiano cambiato nome, è una competizione diversa e ha perso molto del suo prestigio, peccato che non abbiano cambiato anche la gloriosa ombrelliera. Non è più la Coppa Uefa, è la nuova Europa League per la Nuova Juventus.
Non voglio che un’eventuale vittoria di questa nuova Coppa sia confusa con le vittorie della vera Coppa Uefa e ne diminuisca il valore.
Non voglio che la Newventus di Elkann e Blanc, Melo e Diego, sia accostata alle grandi Juventus di Boniperti e Trapattoni, Scirea e Bettega, di Chiusano, Peruzzi e Conte, ma nemmeno con quella più umile di Zoff, Tacconi e Marocchi.
Voglio coltivare l’illusione che John Elkann si renda conto di quanto la Juventus nuoccia alla sua immagine e la consegni al più presto nelle mani del cugino.
E’ per queste ragioni che spero che a Londra in porta giochi Chimenti.
Pucciogoal87

Una Europa League per sperare di ritrovare la Juve.
Le coppe le fanno gli uomini. E non mi riferisco ai gioiellieri. Allo stesso tempo gli uomini sono fatti dalle coppe. E non mi riferisco agli androidi di latta descritti da Asimov.
Quello che voglio spiegare è un paradosso. Il paradosso delle coppe europee.
La tanto agognata Coppa dei Campioni è stata forgiata a Madrid. Se quella squadra fantastica non ci avesse creduto, quando nessuno ci credeva, oggi la Champions League non esisterebbe. Allo stesso tempo, le cinque vittorie di fila hanno scolpito nella storia i nomi di Gento, Di Stefano e Puskas e di tutto il Real Madrid. Vedete? Gli uomini hanno fatto la coppa (senza di loro l'antenata della Coppa dalle grandi orecchie sarebbe stata un'altra Coppa Latina) e poi la coppa ha consegnato gli uomini all'Eternità.
La Juventus gioca attualmente una coppetta, così dicono. Ma le coppe, spiegavo, le fanno gli uomini. In cambio le coppe fanno gli uomini. Certo, nessuno si aspetta che l'Europa League diventi, in futuro, la nuova coppa regina. Ormai le gerarchie sono consolidate. Però le coppe sanno essere generose con chi sa dare.
Alla Juventus la catena si sta interrompendo. Nedved è andato in pensione, Del Piero e Trezeguet si avviano, carichi di gloria, verso il viale del tramonto. Chi trasferirà il dna bianconero ai nuovi arrivati se i vari Marchisio, Diego, Melo, Iaquinta non avranno imparato a vincere e dunque non avranno imparato ad essere juventini?
E pazienza se giocando al massimo la coppa si rischiano più infortuni. E pazienza se si rischia di perdere il diritto alla partecipazione alla Champions.
Sai, c'è un arte in cui i perdenti non sono secondi a nessuno: la capacità di trovare una giustificazione alle proprie sconfitte.
A vincere si impara vincendo. Perdendo si impara solo a giustificarsi.
Gli arbitri, il fuorigioco, il rigore negato o gli infortuni. Ogni giustificazione è buona.
Preferisco l'Europa League ad una maglia nerazzurra.
Drago di Cheb