Zeman non ricorda che il Pibe cominciò ad avere familiarità con la cocaina già a Barcellona e che Napoli fu solo l’atto finale di una tragica escalation. Inoltre, i rapporti che il campione argentino intratteneva con la camorra sono ben noti ed è verosimile che abbiano costituito una sorta di vincolo inscindibile tra lui e la sua tossicodipendenza. Certamente, ad un livello più ampio, l’accusa non è priva di fondamento, ma è di pessimo gusto gettare discredito su Ciro Ferrara (che casualmente all’epoca militava nella Juventus), il quale fu tra i pochi a stare vicino a Maradona nel momento in cui molti gli avevano voltato le spalle.
Una volta pubblicata l’intervista (già ampiamente anticipata da molti quotidiani) si scatena la bagarre e i personaggi chiamati in causa mostrano i denti: Del Piero annuncia querele, Vialli (passato al Chelsea) accusa Zeman di destabilizzare l’ambiente («è un terrorista»), il suo amico Mancini ne prende le difese («Spero che Zeman abbia delle prove, altrimenti fare accuse così generiche mi sembrerebbe banale. Gianluca fisicamente è sempre stato così»).
Il giorno seguente, la Magistratura prepara un fascicolo che induce il procuratore aggiunto della Procura di Torino, Raffaele Guariniello, a convocare calciatori e tecnici per delle udienze. In un ANSA si apprende che questi «intende accertare l’eventuale uso di sostanze proibite soprattutto da parte dei più giovani, in particolare minorenni» (29 agosto1998. Ottimo intento, cosa abbia a che fare con la Juventus non lo si è ancora scoperto).
Zeman non si fa sfuggire l’occasione e il 12 agosto rincara la dose: «Avverto l’esigenza di partire tutti alla pari in campionato». A stupire è la repentina correzione di tiro del tecnico che, premuratosi dapprima di sottolineare la capillarità del problema doping, passa poi direttamente ad allusioni su chi si avvantaggerebbe con pratiche illecite. Quest’ultima provocazione suscita lo sdegno dell’allenatore bianconero Marcello Lippi (che entrerà poi in una duratura polemica con Zeman) e ancora di Vialli, il quale opportunamente sottolinea come nessuno si fosse mai permesso di avanzare insinuazioni sul frizzante Foggia zemaniano, passato alla storia per l’esasperato tatticismo e per le abilità podistiche dei suoi calciatori. In un’affollatissima conferenza stampa la Juventus affida la sua risposta ufficiale al medico sociale Riccardo Agricola, il quale afferma: «Zeman fa confusione tra integratori, sostanze lecite e sostanze illecite. Gli integratori sarebbe un delitto non usarli perché l’organismo di un atleta va riequilibrato dopo i pesanti carichi di lavoro cui deve sottoporsi. È chiaro che l’eccesso di tali sostanze è dannoso».
Nel frattempo le inchieste del Coni proseguono e dopo numerosi interrogatori a calciatori, dirigenti, tecnici e medici sociali si giunge alla conclusione che «non esiste doping nel calcio» (25 agosto 1998. La situazione è davvero paradossale, ma non resterà un unicum. Si spendono fiumi di parole affermando che la magistratura ordinaria non deve intervenire nelle questioni di quella sportiva ma, in questo caso, interviene eccome. Quando, al contrario, la giustizia ordinaria decreta l’archiviazione delle carte sulle intercettazioni di Calciopoli dichiarando che non c’è «nulla di penalmente rilevante», la giustizia sportiva magicamente si interessa dell’argomento. Che ci sia di mezzo in entrambi i casi la Juventus è ovviamente pura coincidenza). Tuttavia, agli inquirenti del Comitato Olimpico preme sottolineare come «l’apporto farmacologico [sia] diventato parte integrante dell’allenamento» al punto che le modalità dell’uso dei farmaci «sono tenute nascoste quasi fossero patrimonio di conoscenza da preservare per avvantaggiarsi nella competizione sportiva, assumendo quindi valenza di vero e proprio differenziale competitivo».
Il responso della commissione di indagine del Coni, sebbene parzialmente concorde con quanto affermato da Zeman, sembra porre la parola fine sulla questione. Ma il pm Guariniello decide che è necessario andare avanti: il 29 agosto, le cartelle cliniche dei calciatori della Juventus e del Torino vengono messe sotto sequestro.
L’inchiesta sembra interessare solo il capoluogo piemontese nonostante dichiarazioni successive dello stesso Zeman abbiano poi posto l’accento sulla diffusione globale del fenomeno. Queste frasi sono davvero contraddittorie se si considera tutto quello che da questo punto in poi accadrà:
Io non volevo denunciare niente, ho soltanto detto certe cose, ho soltanto espresso un parere perché, per quello che mi arriva, so che nel calcio si usano troppi farmaci. […] E non penso di essere stato il primo tirar fuori certi discorsi: anche in passato c’è stata gente che ne ha parlato, forse non è stata ascoltata”. Il tecnico, continuando sulla stessa linea, afferma anche di essere a conoscenza di un circuito farmaceutico interno a tutte le squadre: “Il problema principale di molte società oggi è quello di trovare un bravo farmacologo. […] Se a me arrivano ogni settimana decine di depliant di case farmaceutiche che pubblicizzano questo o quel prodotto e mi viene assicurato che lo usano la squadra X e la squadra Y e migliora di un cinquanta, sessanta per cento il rendimento io sostengo che tutto questo non è normale. Quali squadre? Quasi tutte. Sì, quelle di serie A. Non si fa pubblicità con le squadre di serie C2, se mai con quelle grandi, con quelle forti… I nomi delle case farmaceutiche non li ricordo, ma sono pronto a mostrarvi i depliant (Il Messaggero, 28 luglio 1998).
Il 4 settembre Guariniello dispone delle indagini nei laboratori capitolini dell’Acqua Acetosa, responsabili delle analisi delle urine dei calciatori di Serie A e B. Dalle verifiche emergono irregolarità e carenze relative ai controlli antidoping, le quali portano alle dimissioni del presidente del Coni Pescante e poi alla chiusura dei laboratori stessi (Per la vicenda dei laboratori dell’Acqua Acetosa rimando alla ricostruzione fatta da Mauro Barletta nel suo «Il calcio in farmacia» (Lindau), che rivela particolari inquietanti sui procedimenti relativi alle analisi antidoping (pagg.115-130)). In seguito a questi avvenimenti, cresce il partito degli accusatori della Juventus. Qualcuno sospetta lo zampino della Signora nelle anomalie dell’Acqua Acetosa, anche se a nessuno sovviene come la stessa Juve a Roma conti molto poco e che, se i controlli erano irregolari, tutte le squadre ne avrebbero potuto, in un certo senso, usufruire.
Il sasso ormai è lanciato e il treno in corsa non si può più fermare: è il momento del processo. Non quello sportivo, ma quello vero e proprio, che la magistratura ordinaria avvia quasi quattro anni più tardi, nel gennaio 2002.
Dossier doping: in principio fu Zeman - Pagina 2
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