Pagella 2008-09 /4 L'attacco

amauriL'ATTACCO.

Il reparto offensivo ha vissuto momenti altalenanti.
Una prima parte di stagione nel segno di Amauri (voto 6), fiore all’occhiello della scorsa campagna acquisti e autore di 11 gol nel girone d’andata, nel quale aveva fatto stropicciare gli occhi a molti.
Ma il numero “1” nella casella dei gol realizzati in tutto il 2009 testimonia una metamorfosi sorprendente quanto preoccupante.
Un crollo verticale dovuto solo parzialmente all’infortunio patito in quel modo ridicolo che ricordiamo, con il brasiliano a calciare a fine allenamento e a rompersi, così come Manninger che stava tentando di pararne la conclusione.
La realtà racconta di un giocatore dai grandi mezzi, un giocatore che, con quelle caratteristiche, colmava parzialmente il vuoto creato anni fa dalla partenza di Ibrahimovic, ma che è ben lontano dall’essere al livello dell’uomo di Malmoe, subito grande da noi alla sua prima stagione da “under 24”, mentre Amauri (a 29 anni), pur essendo costato più o meno quanto lo svedese all’Inter, a lungo andare ha pagato lo scotto del noviziato in una grande squadra, con tutto quel che significa, ovvero pressioni e impegni di un certo tipo e di una certa frequenza.
A metà stagione, Amauri si giocava la classifica dei marcatori con Ibrahimovic, Milito, Gilardino e Di Vaio: con l’avvento dell’anno nuovo abbiamo visto tutto un altro giocatore.
Urgono verifiche.
E il finale di stagione, dopo la ripresa dall’infortunio, non è confortante, con il brasiliano soppiantato in tutto e per tutto da Iaquinta (voto 6,5), il quale ha vissuto una stagione opposta rispetto a quella del compagno, riuscendo a conquistarsi il posto da titolare con merito.
Il mezzo voto in più rispetto ad Amauri va ricercato nelle difficoltà patite da Vincenzone in quel tribolato inizio di stagione, dove partiva quarto in gerarchia.
L’essere riuscito a scalare posizioni fino a diventare la prima scelta assoluta, facendosi largo tra compagni “di peso”, conferisce al calabrese un merito consistente, degno di un elogio per carattere e abnegazione, premiati con un giusto prolungamento di contratto.
La rincorsa di Iaquinta è stata agevolata dall’infortunio di Trezeguet (non giudicabile), operato ad entrambe le ginocchia a fine estate ed assente fino a marzo, quando una manfrina esagerata di Ranieri (con il quale il francese non ha mai avuto, in verità, grandi rapporti) ha di fatto declassato il miglior bomber straniero della storia juventina a quarta scelta del reparto.
Trezeguet avrà sicuramente le sue colpe ed è un giocatore particolare, troppo dipendente dal gioco dei compagni e pressoché nullo in fatto di contributo alla manovra.
Come Inzaghi, del resto.
E’ però indiscutibile che, un attaccante come lui, mediamente da 20 gol, se l’hai a disposizione lo devi sfruttare.
E invece, l’impressione avuta al momento dell’operazione cui David dovette sottoporsi (ovvero: un problema in meno da gestire per Ranieri) ha trovato piena conferma dal primo istante in cui il franco-argentino si è reso nuovamente disponibile.
Non ci interessa parlare di chi è entrato nella storia e merita rispetto per essere rimasto nei momenti più bui, seppur convinto a forza; ci interessa sottolineare che nell’appuntamento cardine della stagione (quello che di fatto ha sancito lo strappo definitivo con l’allenatore), Trezeguet avesse fornito un pallone al bacio a Iaquinta, e dimostrato una volta di più che nelle gare importanti lui c’è.
Come c’era in passato quando si giocava contro il Real Madrid, il Milan o l’Inter.
Per lui si profila un addio (questa volta sembrerebbe un’ipotesi concreta) ancora più amaro di quello di Nedved; senza feste, senza celebrazioni adeguate a chi, in nove anni, qualche motivo di soddisfazione ce lo ha regalato.
Si scinderebbe così la coppia storica, la più prolifica nella storia della Juventus, quella composta da Trezeguet e Del Piero. Il quale Del Piero (voto 7-) ha legato il suo miglior periodo stagionale a quello della squadra, dimostratasi parecchio dipendente dal suo rendimento e, in negativo, dai suoi umori. In termini numerici, Del Piero chiude a quota 21 gol complessivi, esattamente lo stesso numero di quelli totalizzati la scorsa stagione nel solo campionato e si segnala come il miglior marcatore stagionale.
I complimenti indirizzati per la prima parte di stagione, per una consapevolezza di essere trascinatore che Ale non aveva mai avuto nemmeno nei giorni di massimo splendore fisico, lasciano un retrogusto amaro se si valuta la seconda parte dell’annata.
Nel 2009 Del Piero, scaduto a livello di condizione, ha ripreso a confrontarsi con le proprie piccolezze caratteriali, che lo portano ad intestardirsi eccedendo in personalismi fini a se stessi, cose che un campione-capitano-guida non dovrebbe mai fare.
Imbarazzanti alcuni momenti, tipo la sensazione di impotenza totale mostrata in certi “uno contro uno” nei quali il numero 10 bianconero finiva immancabilmente per franare addosso all’avversario, per non parlare di certe soluzioni egoiste in cui, invece di servire compagni meglio piazzati, il capitano era solito optare per la conclusione personale.
E, con tutte le ragioni di questo mondo, anche per lui vale lo stesso discorso fatto a proposito di Camoranesi in merito all’affare-Ranieri: alla Juventus i giocatori facciano i giocatori ed evitino di parlare sui giornali, fare scenate in mondovisione e mostrarsi rivitalizzati appena cacciato lo scomodo allenatore.
Per il futuro, impossibile sperare di fare di Del Piero un perno sul quale ricostruire (Cobolli docet), auspichiamo un impiego part-time, e un ridimensionamento della sua figura sui destini di squadra e società.
In fondo, la storia della Juve insegna che è la Juve a fare i calciatori, e non viceversa.
A soffrire dei personalismi dei “samurai” è stato anche Giovinco (voto 6-), giocatore spesso geniale quanto costretto a combattere ogni giorno contro un vistoso e purtroppo pesante handicap: il fisico minuto.
Il ragazzo controlla la palla e la smista come i Grandi, ma in un calcio come questo il fisico conta.
Vediamo che progetti avrà la società per Seba: ora che la scusa Ranieri “che non lo vedeva” non esiste più, la scelta del nuovo allenatore dovrà essere importante anche per lui.