Investitori e investiti

marchioOttobre. Aria di Assemblea.
Tempo di bilanci e di consuntivi.

Anche Tuttosport ha ceduto al fascino della “finanza” e ha pubblicato il 3 ottobre una lunga intervista a Michele Bergero, Chief Financial Officer (in pratica Direttore Finanziario) della Juventus FC.

Sgombriamo il campo da ogni possibile equivoco. Michele Bergero è una persona in gamba. Una persona scelta da Antonio Giraudo per occuparsi di bilanci e di numeri. Uno dei pochi che, nel nuovo corso “simpatico” della Ridentus, è sopravvissuto alla sistematica epurazione di primi violini per far spazio a suonatori di grancassa.

La sua intervista, quindi, va contestualizzata nel complesso delle attività di avvicinamento all’Assemblea dei Soci, che si terrà appunto a fine ottobre.

Non dice cose nuove, Bergero; piuttosto ribadisce concetti a noi già noti, illustra progetti già avviati e appare come sempre molto ottimista. D’altronde è normale che debba esserlo, alla vigilia del consueto road-show presso gli investitori istituzionali a Londra, dove cercherà di spiegare ai gestori di fondi e ad altri potenziali investitori, che investire nelle azioni Juventus è un buon affare.

Compito arduo in effetti. Dovrà spiegare infatti perché una società come la Juventus capitalizzi oggi sul mercato azionario meno dei suoi ricavi di un solo anno. E per farlo non potrà certamente dire che uno dei motivi della ampia sottovalutazione del titolo in Borsa è che gli azionisti della Juventus non sono stati sufficientemente tutelati nel 2006, quando l’impatto economico delle sentenze del processo sportivo furono molto oltre la soglia della decenza; soglia che è stabilita, tra l’altro, proprio dalla normativa comunitaria.

Prima che qualcuno ci accusi di remare contro la società, è importante sottolineare che il concetto di proporzione tra sanzione e fatturato era il punto focale del famoso ricorso al TAR, prima scritto e inoltrato e poi ritirato. Era quindi farina del sacco di Cobolli e Blanc, non una visione mistica di ju29ro.com.

Il titolo dell’intervista è emblematico e fa subito capire dove si vuole andare a parare:
BERGERO: «Non solo stadio: allargheremo la base dei ricavi»

Si parte subito con un concetto molto forte, su cui ci sarà molto da discutere: infatti si fa in fretta a parlare di aumento dei ricavi, un po’ meno in fretta a concretizzare i buoni propositi. Ecco cosa risponde Bergero quando Tuttosport gli chiede se con il nuovo stadio si riuscirà ad arrivare ai ricavi di club come Real Madrid, Manchester e Barcellona......

«Abbiamo stimato che con il nuovo impianto i ricavi da stadio saranno raddoppiati, da 20 a 40 milioni. E c’è grande attesa perché gli investitori pensano che anche il titolo in Borsa possa crescere per l’effetto stadio. Ma per raggiungere il livello di fatturato delle top d’Europa l’incremento deve riguardare tutte le voci dei ricavi. Non dimentichiamoci, per esempio, il peso della Champions: se siamo passati da 203 a 240 milioni di fatturato negli ultimi due esercizi, la differenza è rappresentata in gran parte dai ricavi Uefa».

La risposta appare efficace. Peccato che Bergero dimentichi di sottolineare che, mentre la Juventus lavora per aumentare i ricavi da stadio, i suoi nemici hanno già lavorato per decurtargli i ricavi da diritti TV. Non è ancora chiaro infatti l’impatto reale dell'applicazione della nuova legge sulla ripartizione collettiva dei diritti TV. La nostra stima, in considerazione della scarsa qualità dei risultati degli ultimi anni (sul campo e ...... a tavolino), è che la cosa possa costarci tra gli 8 e i 10 milioni all’anno.
Con queste cifre ci siamo bruciati già la metà degli incrementi previsti dallo stadio, nonostante l’ottimismo professato dallo stesso Bergero che, interpellato sull’argomento, rimane sul vago:

«Tutto dipende dalla capacità della Lega di vendere il prodotto: il prezzo di base è stato fissato a 900 milioni, il che significherebbe per noi perdere qualche milione di euro. Però se si riuscisse a piazzarlo a un prezzo superiore, potremo anche guadagnarci qualcosa di più».

Non dimentichiamo inoltre che per i primi 12 anni di esercizio dello stadio ci sarà da rimborsare, in conto capitale e interessi, il mutuo da 50 milioni di euro acceso con il credito sportivo per la costruzione dello Stadio stesso. Un impegno che, ai tassi attuali, e in considerazione delle opportune operazioni di copertura del rischio di tasso già effettuate da Bergero, ci costerà almeno 5 milioni all’anno.

In definitiva possiamo dire che circa il 75% dell’atteso incremento dei ricavi da stadio servirà a compensare minori ricavi da altre fonti e maggiori costi in conto capitale e interessi. Senza dimenticare l’assoluta obbligatorietà di qualificarsi per la Champions, cosa che probabilmente dal prossimo anno sarà più difficile in quanto, perdurando i pessimi risultati delle squadre italiane in quella competizione, le nostre compagini si ridurranno da quattro a tre.

Noi di Ju29ro.com vorremmo sottolineare la differenza del progetto di Blanc, rispetto a quello di Giraudo, che ha sul concetto di diversificazione dei ricavi il suo pivot point. Giraudo voleva affrancarsi dai risultati sportivi e puntava ad aumentare e stabilizzare i ricavi attraverso investimenti duraturi anche in settori non caratteristici, come l’immobiliare e il commerciale. Blanc invece ha puntato tutto nella sostenibilità del modello esclusivamente sportivo, in cui la dinamica dei ricavi è comunque molto esposta alla volatilità dei risultati sportivi.

Un altro interessante spunto lo riscontriamo nella domanda sui motivi che hanno permesso al bilancio di tornare in attivo di 6,6 mln. L’intervistatore gli chiede se hanno inciso più i ricavi o il contenimento dei costi, ecco la risposta di Bergero:

«Entrambi, nella stessa misura. Il primo obiettivo è ovviamente crescere nel fatturato, visto però il momento di crisi economica e la difficoltà per esempio a trovare altre sponsorizzazioni, anche una gestione oculata, dal momento che i costi dipendono da noi, consente di avere un bilancio positivo. Certo, il risparmio non riguarda sul core business del club, cioè vincere, e quindi allestire una squadra all’altezza».

Né costi, né ricavi, caro Bergero, e cari investitori. Il bilancio ha chiuso in utile semplicemente per la ripresa a bilancio dell’ultima quota di 10 milioni riferita alla spalmatura degli effetti economici della vendita di una opzione sui diritti TV effettuata da Giraudo nel lontano 2006, argomento di cui ci eravamo già occupati recentemente (Da +6 a -2: la vera storia del bilancio della Juve).
Senza contabilizzare questa posta straordinaria, peraltro presente anche nei precedenti due esercizi di Blanc, il bilancio avrebbe chiuso purtroppo in perdita.

L’intervista poi prosegue con una affermazione, in relazione ad una domanda sull’adozione di un modello di sostenibilità finanziaria, che lascia l’amaro in bocca ai piccoli azionisti:

«Noi ci crediamo, è il nostro modello e il nostro bilancio parla chiaro. L’azionista di riferimento è dovuto intervenire una sola volta con un aumento di capitale, quando siamo scesi in B, altrimenti ci siamo sempre autofinanziati. Non abbiamo debiti, quest’anno abbiamo anche un utile. Del resto, questo è l’obiettivo e la regola di tutte le aziende: produrre utili. Nel calcio subentrano poi altre motivazioni, molti imprenditori lo considerano un veicolo per avere visibilità. La mentalità dovrà cambiare, ma sarà difficile che tutti si adeguino alle volontà dell’Uefa in tempi brevi».

In primo luogo non è esatto affermare che non c’è indebitamento. In realtà l’indebitamento c’è ed è su livelli assolutamente fisiologici. Sempre nella stessa risposta però, vuoi per dimenticanza, vuoi per un errore di trascrizione del giornalista, sta di fatto che vengono dimenticati i soldi versati dai piccoli azionisti in occasione del recente aumento di capitale: circa 40 milioni di euro.

Tendiamo a pensare che questo sia solo un deprecabile atteggiamento del giornalismo italiano e della sua atavica abitudine di dimenticare le “minorities”, in ossequio alla stessa cattiva abitudine che hanno i loro editori, spesso soci di riferimento di grandi gruppi industriali o finanziari.

Riteniamo particolarmente significativo, a tale proposito, riesumare un passo dell’intervento di un esponente di ju29ro.com alla Assemblea dello scorso ottobre 2008:

"... Colgo l’occasione, tra l’altro, per rinfrescare la memoria anche ai giornalisti che sono in questo momento nella saletta qui accanto a loro riservata; troppo spesso, infatti, ci tocca leggere nei loro resoconti che John Elkann è il “padrone” della Juventus.
Ebbene per la precisione, e per il codice, John Elkann è semplicemente il rappresentante legale dell’azionista di maggioranza e non il “padrone”; i “padroni” esistono nelle ditte individuali, mentre John Elkann è il Presidente della società che controlla poco più del 60% della Juventus e in particolare, risalendo nella catena di controllo, si determina che dal punto di vista dell’impegno finanziario personale la sua esposizione nella Juventus si aggira tra il 10 e il 15 percento.
Per questo motivo sarebbe deontologicamente corretto che i giornalisti evitassero di definirlo “il padrone” e tenessero in giusta considerazione anche i 40.000 fessi che, con il 38% del capitale, e un investimento in grave perdita, rappresentano la vera anima della società Juventus insieme ai 14 milioni di tifosi non azionisti ..."

Buona passeggiata a Londra quindi, Dott. Bergero. Chissà magari troverà il tempo anche di passare a salutare Antonio Giraudo.

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