Pagellone 2009 - Parte prima

Elkann e BlancIl 2008 bianconero si era chiuso tra illusioni e speranze, gli auspici per un 2009 positivo, almeno a giudicare dai risultati, c’erano tutti. Il 2009 invece si è rivelato un anno orribile, il punto più basso del famoso (sarebbe meglio dire: "fumoso") "projettò Blanc" iniziato nella disastrosa estate del 2006. Una gestione, questa del "projettò", che procede alla maniera dei gamberi: più si va avanti, e più ci si accorge di andare a ritroso. L’anno scorso in questo periodo la Juve passava Natale guardando l’Inter a distanza di aggancio (6 punti), con una qualificazione agli ottavi di Champions League archiviata con due partite di anticipo e la sensazione che la squadra remasse unita verso la rotta stabilita. Poi, con l’avvento dell’anno nuovo, la fine delle illusioni e l’incombere del disastro.
Un inizio di gennaio confortante in termini di risultati, una squadra che faceva punti e sfiorava l’aggancio ad una capolista che le provava tutte per complicarsi la vita, complici le bizzarrie tattiche del suo fenomeno da 11 milioni di euro netti a stagione: ma per un motivo o per l’altro, il primato venne soltanto sfiorato e mai raggiunto. Tutto come da copione, nella migliore tradizione delle squadre di Ranieri, tecnico dignitosissimo se l’obiettivo finale è un piazzamento, assolutamente inadeguato se occorre provare quel salto di qualità che significa puntare a vincere qualcosa.
Da febbraio, le cose cominciarono a precipitare: l’uscita dalla Champions League per mano di un Chelsea rivitalizzato in sole tre settimane da quel volpone di Guus Hiddink rese di dominio pubblico le polemiche che nel frattempo si erano create all’interno dello spogliatoio. Le esternazioni di Trezeguet e le risposte dure e piccate di Ranieri a mezzo stampa sancirono di fatto la rottura tra la vecchia guardia e il tecnico romano, con la società come al solito assente o quantomeno poco incisiva nel gettare acqua sul fuoco. Da quel momento, complici anche la sequela impressionante di infortuni muscolari (una costante di tutta la scorsa stagione, ma che si accentuò ulteriormente da febbraio) e i segnali di sfiducia da parte dei senatori nei confronti del tecnico, segnali che comparivano sui giornali a scadenza pressoché quotidiana, il rendimento in campionato franò pesantemente (nella classifica parziale da gennaio a giugno, la Juve chiuse al quinto posto), mentre il traguardo di consolazione, la Coppa Italia, venne fallito in semifinale contro la Lazio, che si aggiudicò entrambi i confronti. Inevitabilmente, a pagare fu l’allenatore, un uomo delegittimato da settimane, ma al quale la società non voleva dare il benservito per non dovergli corrispondere le spettanze per l’intera durata del contratto. Dopo uno Juventus-Atalanta imbarazzante, da Corso Galfer si sentirono in dovere di intervenire, e al posto di Ranieri venne chiamato Ciro Ferrara, un po’ per placare il popolo assetato di juventinità, un po’ per seguire i consigli di Marcello Lippi, "beccato" a cena qualche mese prima in un ristorante ligure con l’amministratore delegato Blanc all’insaputa di Ranieri. Ferrara portò a termine il campionato assicurando la seconda piazza (ex aequo col Milan, preceduto in virtù degli scontri diretti) in una stagione in cui per evitare i preliminari di Champions League era importante arrivare fra le prime tre e non più fra le prime due.
Una Juventus crollata al momento di spiccare il volo, ostaggio dei suoi giocatori più influenti che ottengono la testa dell’allenatore, che viene licenziato come accadeva altrove fino a tre anni e mezzo fa. E’ il segno dei tempi: la Nuova Juventus è in realtà la versione aggiornata dell’Inter "collezione pre-estate 2006". Che poi il licenziamento di Ranieri sia tecnicamente condivisibile è un altro discorso: l’errore, semmai, fu assumerlo due anni e mezzo fa.

VOTO ALLA PRIMA META’ DELL’ANNO: 4 .

In estate, Ferrara vinse il ballottaggio che lo vedeva in corsa (almeno secondo i media) con Spalletti, Gasperini, Conte e Giampaolo, probabilmente per tre motivi: il primo, perché, nei pensieri della società, l’insediamento del napoletano in panchina in pianta stabile rappresentava l’anticipo di ciò che dovrebbe avvenire dalla prossima estate, ovvero il rientro di Lippi nell’organigramma societario, anche se ancora non è dato sapere con quali mansioni e soprattutto nonostante le smentite (anche recenti) del tecnico campione del Mondo; il secondo motivo riguarda la modesta cifra richiesta da Ciro per sedersi sulla panchina della Juve e le non eccessive richieste in termini di uomini (leggasi: staff tecnico) che vennero sostanzialmente scelti dalla società, fido Maddaloni a parte. Il terzo motivo è il più triste ed è la mancanza di alternative: sia Spalletti che Gasperini non vennero liberati dalle loro società (a meno di pagarli a peso d’oro: e la Juve ovviamente non lo fece); Conte voleva imporre il suo staff (e ricevette un "no"), mentre a Giampaolo venne fatto credere chissà cosa salvo non combinare nulla, con il risultato che il povero allenatore del Siena rifiutò di prolungare il contratto con la sua società in attesa di una chiamata da Torino che non arrivò mai. Il tecnico abruzzese dovette poi tornare sui suoi passi, ma la piazza lo prese di mira imputandogli un "tradimento" anche solo sfiorato, e lui, distrutto psicologicamente, non ebbe la forza di infondere stimoli ad un gruppo che dopo il suo esonero é riuscito a trovarli in Malesani. Ed è tutto un programma. Avanti con Ferrara, quindi, e con gli acquisti monstre dell’estate, fra i proclami dei giornali e dei dirigenti, orgogliosi di aver strappato alla concorrenza (quale?) campionissimi (?) come Diego e Felipe Melo (50 milioni di investimento in due), cavalli di ritorno non più di primo pelo (Cannavaro e Grosso: longa manus di Lippi...) e riserve delle riserve dei Campioni di Tutto 2009 (Caceres). In uscita, a prezzo di rottamazione vennero liquidati Zanetti e Marchionni (Corvino ringrazia e ringrazierà a lungo), Mellberg fu utilizzato per fare plusvalenza (risicata come al solito) e Nedved "invitato" a chiudere la carriera, malgrado l’intenzione e le forze per continuare ci fossero tutte. Non possiamo gioire solo per il fatto che il prestito di Knezevic non venne rinnovato. E così, tra i bagni di folla di Pinzolo, cui si sottopose anche il Principino Pallido, in una delle sue uscite pubbliche più imbarazzanti, partì la nuova stagione all’insegna dello slogan: "Inter, Mondo intero; tremate! Stiamo arrivando!". L’ossessione per tutto ciò che è nerazzurro sarebbe rimasto una costante per i mesi successivi, tanto da condizionare tutta la prima parte di stagione. Poveri noi... L’inizio sembrò promettere bene, Ferrara cercò di dare un gioco diverso alla squadra, basta col 4-4-2 e avanti con il rombo, solo che Felipe Melo apparve da subito un po’ troppo confidente e Diego avulso dalla manovra. Ma il precampionato fu positivo (schiaffi dal Villarreal a parte), le prime giornate pure, fino a quando non arrivò il Bordeaux a Torino. Da allora, involuzione costante e perdita di identità tattica (Ferrara e il suo staff provarono più moduli stravolgendo schemi e sostituendo pedine a ripetizione): il crollo di Palermo segnò l’inizio di una caduta che ancora oggi non si è arrestata. 18 punti nelle ultime 13 partite di campionato, una media da zona retrocessione, una meritatissima eliminazione dalla Champions League, torneo nel quale le uniche vittorie (per nulla convincenti) sono arrivate, di misura, contro l’unica squadra (su 32) a non aver mai segnato un gol in tutto il girone. La serie di 5 sconfitte nelle ultime 6 partite giocate è la ciliegina avariata su una torta indigesta, metafora con la quale possiamo definire questa stagione, partita per essere dolcissima ma avviatasi a diventare tra le più amare di sempre, a suon di record negativi frantumati di settimana in settimana. Le ultime vicende societarie e le esternazioni del P., A.D., D.G. Blanc hanno scosso il pubblico bianconero, finalmente arrabbiato in modo massiccio nei confronti della dirigenza e della proprietà, veri responsabili dello scempio perpetrato tre anni e mezzo fa, e che ancora si protrae. L’abbandono forzato di Cobolli, del quale non si sente sinceramente la mancanza (come nel caso di Ranieri: anche lui non avrebbe mai dovuto sedersi su quella poltrona) ha portato allo scoperto Monsieur Blanc, o Monsieur "B. COME SERIE B", liberatosi anche della scomoda vicinanza del consigliere Montali (un altro di cui non sentiamo affatto la mancanza), finito alla Roma per assumere incarichi operativi. Il richiamo affrettato di Roberto Bettega in società, per quanto positivo per chiunque si professi juventino, puzza di manovra utile a creare un parafulmine futuro per chi detiene le vere, gravissime colpe. Speriamo che a Bobby-Gol venga data la necessaria autonomia, a dispetto di quel ruolo da “vice” che ha il vago sapore di subordinazione nei confronti del primo francese deludente tra quelli che hanno rivestito un ruolo cardine nella storia della Juve. Teniamo le antenne ben dritte, e speriamo che dopo quelle "indotte" di Cobolli e quelle volontarie di Montali, l’anno nuovo ci porti le dimissioni di Monsieur "B. COME SERIE B".

VOTO ALLA SECONDA PARTE DELL’ANNO: 3.