Déjà vu

Nuovo stadio JuveIl déjà vu è la sensazione di aver vissuto precedentemente un avvenimento o una situazione che si sta verificando. L'esperienza del déjà vu è accompagnata da un forte senso di familiarità, ma di solito anche dalla consapevolezza che non corrisponde realmente ad una esperienza vissuta (e quindi si vive un senso di "soprannaturalità", "stranezza" o "misteriosità"): l'esperienza "precedente" è perlopiù attribuita ad un sogno. In alcuni casi invece c'è una ferma sensazione che l'esperienza sia "genuinamente accaduta" nel passato.

Primo Atto:
(La Repubblica - 1 Aprile 2006, Crosetti intervista Antonio Giraudo)

TORINO - Giraudo parla, e intanto scrive. E mentre scrive disegna. Traccia mappe, sviluppa diagrammi, incrocia segni e parole su un grande bloc-notes quadrettato. Più che altro cerchia e sottolinea. Il futuro, forse.
Dottor Giraudo, lei resterà davvero alla Juventus?
"È il mio sogno. Vogliamo farla diventare il più importante club del mondo, secondo un preciso modello industriale e sportivo che non ha eguali nel calcio. Solo in Formula uno esiste qualcosa di simile, alla Ferrari".
Dottor Giraudo, e se fossero altri dirigenti a concludere il suo progetto, o comunque a godere i frutti del lavoro già svolto?
"L'interesse della Juventus e dei suoi tifosi viene prima di tutto. Certo, il nostro sogno non può che essere quello di vedere realizzate le cose che abbiamo progettato, e gestirle in prima persona. Mi spiacerebbe molto non proseguire la terza fase del programma".

Secondo Atto:
(Torino, 20 Novembre 2008 - Centro Congressi Lingotto, Auditorium Agnelli, la Juventus presenta il nuovo stadio)

La Juve presenta il suo nuovo stadio
Cobolli: "Sarà la casa dei bianconeri”.
"Da oggi nasce la casa di tutti gli juventini - ha dichiarato il presidente del club bianconero Giovanni Cobolli Gigli -. Uno stadio moderno e sicuro per vivere ancora più intensamente le partite, non soltanto guardandole a pochi metri dal campo, ma anche sentendo tutti le voci e i rumori tipici di una gara di calcio. La Juventus è la prima società in Italia che avrà uno stadio tutto suo e questo è un motivo di grande orgoglio. Ma anche un'opportunità importante per la società di diversificare i propri ricavi e per trovare così nuove fonti da poter investire in futuro".

Il nuovo stadio della Juventus. Appunto.

Potevano stupirci con una cerimonia sobria e leale. Hanno invece preferito gli effetti speciali e i colori ultravivaci di personaggi che mai avremmo più voluto vedere sulla strada della Juventus, almeno in una occasione come questa.

Matarrese, Abete, Galliani, Lotito, la stessa moderatrice D’Amico, persino Massimo Mauro il coltivatore di cipolle e sodale di altri discutibili giannizzeri che, dal 2006, volteggiano periodicamente sulla carcassa della zebra bianconera. Qualcuno ha confidato che tra gli invitati ci sarebbe stato anche il verdognolo Moratti che, fortunatamente, si è ben guardato dall’accettare l’invito.

C’era John Elkann, non c’era Andrea Agnelli. C’era Boniperti, non c’era Roberto Bettega. C’era Franzo Grande Stevens, non c’era Donna Allegra Caracciolo in Agnelli.
Ma soprattutto c’era la New Holland FC 2006 nelle vesti del suo Presidente Cobolli Gigli e del suo AD Blanc, mentre mancava ovviamente la Juventus FC 1897, quella con 29 scudetti sul petto, per intenderci. Quella morta, uccisa nel bel mezzo di una faida familiare, nell’estate del 2006.

Su quella carcassa dicevamo, molti hanno volteggiato o volteggiano ancora. Lo hanno fatto alcune squadre di calcio, che gli hanno strappato i giocatori, lo ha fatto la Federazione, con i suoi uomini peggiori, che gli ha scippato scudetti e onore. Lo ha fatto John Elkann, che si è appropriato di un giocattolo a cui qualcuno di importante, nel 1994, aveva dato un destino preciso. Vincere.
Ed infine lo hanno fatto Cobolli e Blanc, che si sono appropriati dei progetti e del lavoro ultradecennale di Giraudo per poi gridare al mondo parole come quelle ascoltate nella sala del Lingotto.

In quella sala, dove Abete ha ritenuto opportuno ghignare mentre raccontava che qualche mese fa eravamo in B, dove Matarrese nel suo italiano “incerto” si è concesso la licenza di sbertucciare Blanc in casa sua, dove Cobolli ha continuato a snocciolare il termine “espiazione” quasi come se fosse una parola d’ordine da infilare in qualunque discorso, in quella sala, dicevamo, non è mancato ad un certo punto qualche brusio di sottofondo che aveva un unico e solo significato.
“Adesso basta, avete rotto!”

Ci si aspettava forse qualcosa di diverso. E anche noi ce lo aspettavamo. Ed invece, forse intimoriti dalla ingombrante presenza delle istituzioni calcistiche, verso le quali la New Holland FC 2006 nutre una sorta di ferrea venerazione e una tendenza al “patteggiamento implicito”, la serata è partita su binari molto spettacolari, in una location adeguata non fosse altro per il nome che porta, ma è ben presto diventata una stucchevole schermaglia tra chi si compiaceva incredulo per la avvenuta resurrezione e chi invece aveva l’aria di aver presentato alla maestra il quaderno con i compiti copiati dal compagno di banco.

Gli invitati ad un certo punto si sono guardati negli occhi. La platea era formata principalmente da vecchi cuori juventini, per la maggior parte professionisti torinesi e piccoli azionisti. Nulla da dire sul progetto stadio. Appare bello, pulito nelle linee, completo di ogni confort. Ma è nettissima, forte, la sensazione di dèjà vu. Non lo avevano ancora visto, ma è come se lo conoscessero da sempre. Sullo sfondo, nei commenti, qualcuno cominciava a ricordare che di quelle cose ne avevano già parlato “Quei Tre”. Qualcuno nomina Antonio Giraudo. Ma si sa ormai l’ex Amministratore Delegato è diventato come un famoso personaggio del Manzoni nei Promessi Sposi: Innominato e Innominabile.

Quando appare poi John Elkann con un pallone tra le mani e la faccia imbarazzata di chi non sa a cosa possa servire realmente, allora i più attenti cominciano a cercare con lo sguardo Andrea Agnelli. Invano.

La recita di John Elkann è l’atto finale. Un pallone lanciato senza grazia, verso un Del Piero che si presta alla commedia, con Buffon che lo guarda col solito sorriso modello "CantaTu".
La festa finisce, andiamo in pace. Ma l’amaro in bocca resta, per un grazie che poteva essere detto, per dei meriti che potevano essere ricordati a fronte dei frutti raccolti dopo oltre 12 anni di lavoro di altri.

Invece il “nulla cosmico” prende il sopravvento, quello stesso “nulla cosmico” che, nel corso del breve filmato sulla storia bianconera, inghiotte i due scudetti del 2005 e del 2006, facendoli scomparire nuovamente e fissando negli occhi dei presenti il 2003 come ultimo anno vittorioso.
Ci giriamo verso l’uscita e cerchiamo un bagno. Li dentro troviamo un giocatore della vecchia guardia. Gli chiediamo di Andrea Agnelli. Lui risponde scuotendo il capo e biascicando inesorabilmente: “non è venuto, lo sai questi qua come sono”. Rimaniamo scioccati, non dalla risposta, ma dal fatto che ci fosse stata data così. Come se nulla fosse, seppure in un cesso.

La serata si conclude con un aperitivo. Una classica appendice per approfondire pareri, chiacchiere e gossip. Lo stadio piace a tutti. E piace anche a noi. Rimangono alcune perplessità sugli aspetti finanziari che abbiamo già manifestato in altre sedi. Non sappiamo se i tempi saranno rispettati. Non sappiamo se i soldi basteranno. Non riteniamo sufficienti le garanzie sui finanziamenti.

Ma sappiamo che questo progetto si basa su una geniale operazione di Antonio Giraudo.
25 milioni in 10 anni senza interessi per i diritti di superficie dell’area del vecchio Delle Alpi e per i 43000 mq di area commerciale sono stati l’ultima dote che il vecchio AD ha lasciato alla Juventus e ai suoi azionisti e tifosi. Ed ovviamente ai nuovi dirigenti. Una dote che comprendeva anche buona parte della progettazione e degli studi di fattibilità dell’impianto; d’altronde sappiamo tutti che i lavori dovevano cominciare proprio quell’estate maledetta del 2006.

L’epilogo è ancor più triste e si giocherà sul nome. Non quello “commerciale”, ma quello storico, che rimarrà per sempre. Abbiamo già saputo che qualcuno non gradisce il nome “Agnelli” sulle porte del nuovo impianto. L’ennesimo affronto, dopo la serie B, per i due vecchi patriarchi.

La nostra speranza è che davvero l’Avvocato trovi il modo di fare quella benedetta telefonata.