Pagelle 2008: centrocampo e attacco

SissokoNello stilare le nostre pagelle per l'anno 2008 continuiamo prendendo in esame il centrocampo e l'attacco.
IL CENTROCAMPO.
Cristiano Zanetti (voto 7 fino a giugno, non giudicabile nella nuova stagione) era il perno sul quale poggiava il centrocampo, l’unico che abbinasse grinta e polmoni ad un minimo di razionalità. Forse la scorsa stagione l’ha visto troppo in salute in rapporto alle abitudini in carriera? I fatti dicono che è fermo da agosto, e il graduale recupero che negli ultimi 15 giorni sta laboriosamente portando a termine potrebbe essere fondamentale per il futuro, ammesso che le famose cicatrizzazioni smettano di dar fastidio.
Anche perché il suo sostituto designato, Poulsen, (voto 5 per quel che ha mostrato in rapporto al costo, considerato che il danese sarebbe andato in scadenza contrattuale l’anno prossimo) ha mostrato carenze di personalità e addirittura di temperamento. Un vero paradosso, per uno che in carriera si è creato la fama di “cagnaccio”, vederlo timido e impacciato al cospetto di pallone e avversari.
L’infortunio di Zanetti e del suo cambio ideale, hanno favorito l’esplosione del giovane Marchisio (voto 7), considerato la terza scelta in quel ruolo dopo il rientro dall’esperienza empolese; invece la personalità del ragazzo è andata via via crescendo, nonostante un infortunio patito contro il Real Madrid (gara che Claudio stava interpretando davvero bene) ne avesse rallentato l’ascesa. Ma ora il ragazzo di Chieri forma una linea di centrocampo dal presente brillante e dal futuro di grande prospettiva con il debordante Sissoko (voto 7), trascinatore dal vigore fisico impressionante anche se con qualche imprecisione di troppo da limare: una coppia, potenzialmente, dai margini di progresso infiniti, vista la giovane età dei soggetti.
Capitolo a parte merita Tiago (voto 4 per quindici mesi, 6 per l'ultimo periodo precedente all'infortunio). Il portoghese venne presentato come il fiore all’occhiello della campagna acquisti di 2 estati orsono prima di sprofondare drammaticamente nell’oblìo, tra prestazioni inguardabili, panchine croniche, trasferimenti rifiutati, gli insulti dei tifosi e la disperazione dei dirigenti. L'ex Lione si era parzialmente ritrovato nell’ultimo periodo offrendo buone prestazioni, come a Torino non ne avevamo mai viste. Ironia della sorte sono bastati una cinquantina di secondi di partita con l’Inter per metterlo fuori causa per almeno una cinquantina di giorni. Aspettiamo di vedere come riprenderà.
Così come aspettiamo che finisca la malasorte che da qualche stagione ormai perseguita Camoranesi, voto 6,5 per tutto l’anno solare, nonostante le frequenti assenze di origine muscolare e/o traumi di vario genere, purtroppo, sempre in agguato. Il suo vice, l’ex abbonato al Pronto Soccorso Marchionni (voto 6 meritatissimo per questo inizio di stagione) si sta rivelando pedina preziosa e tatticamente disciplinata, ricoprendo il ruolo con caratteristiche ovviamente diverse rispetto all’oriundo (che se in salute non ha molti rivali in assoluto) ma con estrema efficacia.
Per finire, Nedved (voto 6,5), media tra il 6 dello scorso finale di stagione e il 7 di questa. C’è chi lo vuole fuori squadra per far posto a novità più o meno esotiche, come se fosse semplice: in realtà il biondo di Cheb ha segnato già oggi più gol che in tutta la scorsa stagione e garantisce il solito lavoro sulla fascia, a volte oscuro, spesso determinante quando si propone per i compagni o li manda direttamente a rete. Gradiremmo averne decine di “problemi” come quelli relativi alla sua presunta “anzianità”.

Alex Del PieroL'ATTACCO.
Il reparto offensivo ha riservato la novità più importante di tutta la campagna estiva, con il costoso ma devastante Amauri (voto 7,5 per ora) ad imperversare nelle aree avversarie, con particolare incisività nel gioco aereo, fondamentale nel quale il brasiliano eccelle. Una forza della natura, un giocatore che funge da surrogato di Ibrahimovic per questa squadra e, infatti, Ranieri lo impiega con la stessa assiduità con la quale Mourinho schiera lo svedese. Cioè sempre. I due differiscono nel modo di stare in campo, nel senso che il numero 8 bianconero è molto più votato al gol, più centravanti concreto ma meno fantasioso, mentre il numero 8 interista è più uomo a tutto campo e usa alternare prodezze di abbagliante splendore a incertezze croniche quando è chiamato a segnare gol “stupidi”. E’ Amauri il “quid” in più di questa prima parte di stagione: reduce da una fortunata esperienza al Palermo, ha integrato un reparto che nello scorso campionato aveva piazzato 2 uomini al vertice della classifica marcatori, abbondantemente sopra di lui nella graduatoria.
Perché se qualcuno se lo fosse scordato, Trezeguet (voto 6 per l’ormai tradizionale gol all’Inter realizzato lo scorso marzo) e Del Piero avevano, di fatto, monopolizzato la vetrina dei bomber e, malgrado questo, il francese non ricorderà con molta gioia questo 2008. Un anno iniziato con pochissimi acuti in serie A, continuato con l’esclusione dall’Europeo riservatagli da Domenech ed, infine, concluso agonisticamente con il singolare intervento chirurgico ad entrambe le ginocchia a settembre, mentre la concorrenza aumentava con l’arrivo del bomber che tutti vorrebbero dotare al più presto di un passaporto italiano. Un’ operazione sospetta, almeno per quel che riguarda i tempi: se veramente c’era questa necessità di intervenire (il fatto che il chirurgo abbia agito su entrambe le ginocchia evidenzia quanto si trattasse di qualcosa di congenito, non dovuto ad un trauma improvviso), non si poteva farlo a stagione 2007/08 appena terminata, complice la mancata partecipazione del franco-argentino al torneo continentale? Nei giorni antecedenti all’operazione, alcuni maligni bisbigliavano di quanto Ranieri non fosse esattamente disperato al momento di apprendere la notizia secondo la quale per il secondo bomber straniero più prolifico nella storia della Juve fosse inevitabile finire sotto i ferri. Trezeguet deve essere un valore aggiunto per il 2009 della Juve, com’è sempre stato: almeno per chi capisce di calcio, non può mai essere un problema.
Vincenzone Iaquinta (voto 6) ha fatto il suo, frenando leggermente nella seconda parte dello scorso campionato ma svolgendo il suo ruolo da seconda punta con abnegazione e professionalità. In questo scorcio di campionato, ha invece perso parecchie occasioni, in parte per sfortuna e in parte (dicono) per una certa predisposizione all’ipocondria. Comunque il suo contributo in Europa, Vincenzo, l’ha dato con la doppietta di Minsk, nella sera dell’apoteosi dei pasticci di Ranieri, trasferta nella quale si è rivelata all’Europa la stellina Giovinco (6 di incoraggiamento), determinante con i suoi assist nell’innescare l’ex udinese.
Il piccolo fantasista di Beinasco ha avuto poco spazio, e alla luce delle ultime dichiarazioni potrebbe averne ancora meno in futuro (“sono una punta, niente vice-Nedved”), ma quel poco spazio Seba lo ha sfruttato egregiamente con gare positive, come quella già citata di Minsk, la prestazione col Catania e pure quella con il Lecce nella quale ha firmato il suo primo gol in bianconero. Un’altra firma, quella sul contratto prolungato fino al 2013, e la volontà ribadita a più riprese di non voler cercare spazio altrove ma di voler sfondare nella Juve, denotano un carattere forte, decisamente da Juve. Una scelta diversa rispetto a quella effettuata la scorsa estate da Palladino, che scelse di giocare a Genova piuttosto che riprovare ad insidiare il ruolo a Nedved o Del Piero.
Del Piero al quale va dedicato un capitolo speciale. Ale merita il voto più alto, almeno 8, per tutto l’anno solare, ma non tanto per le serate tipo “Bernabeu”, o per le punizioni tipo Zenit, Roma (in due campionati diversi) o Chievo; neppure per gli innumerevoli records in maglia bianconera che riaggiorna a scadenza quasi settimanale. E nemmeno per il titolo effimero di miglior marcatore del campionato dell’anno solare, che va ad aggiungersi a quello (concreto) di capocannoniere dello scorso torneo con il massimo bottino di reti mai realizzate in serie A, eguagliato a dieci anni di distanza da quella performance apparentemente irripetibile. Il motivo per il quale merita il voto più alto sta nella consapevolezza che ha raggiunto come capitano, presa di coscienza che a volte lo porta ad esagerare, quando ad esempio pretende di avere l’esclusiva sui calci piazzati; questo lo rende irritante o, peggio, indisponente. Ma ora più che mai sembra che la squadra lo abbia eletto leader, ruolo che, nonostante porti la fascia al braccio da anni, in concreto non ha mai esercitato. La Juve si è sempre identificata in lui in termini commerciali e di immagine da dare in pasto ai tifosi, mentre in campo e nello spogliatoio i leader erano altri: pensiamo a Vialli, Peruzzi, Deschamps, Montero, Ferrara, Conte, Zidane (vero padrone della squadra ai tempi di Ancelotti), Nedved, gli stessi Lippi e Capello, fino ad Emerson e Cannavaro. Fino alla disgraziata discesa in B. Da quel momento Del Piero, liberato dalle zavorra di personalità ingombranti, si è preso la Juve, e la sua sola presenza trasmette carisma. Questa tranquillità, questa sicurezza nei propri mezzi e la convinzione di “fare la giocata giusta e sentirsi determinante per la squadra” Del Piero non l’ha mai avuta, nemmeno nel magico anno 1998. Gli anni sono 34 compiuti da poco, un’età che per i calciatori, attaccanti soprattutto, non offre moltissime prospettive e li obbliga ad avere fretta e a ragionare a brevi scadenze. Speriamo che l’inevitabile declino sia lungo e, soprattutto, dolce come lo è adesso, e che ci dia qualche soddisfazione concreta.